Se durante una scampagnata vi capita di imbattervi in un cartello stradale che indica la cittadina di Torriana, svoltate in quella direzione, proseguite lungo la statale per qualche minuto, e all’improvviso vi ritroverete davanti il suggestivo ed affascinante Castello di Montebello. Verrete catapultati (con tutta la vostra auto, chiaro) indietro nel tempo, dove antiche battaglie, magie misteriose, e storie di fantasmi vi faranno correre come bambini a gridare di volere la mamma.
Il castello di Montebello, allo stato attuale, mantiene con straordinaria efficienza la sua struttura medioevale originaria. Dietro la sua sagoma, le colline pianeggianti di un verde intenso, finiscono per morire nel mare, mentre dall’altro lato, guardando l’orizzonte, si possono notare gli Appennini. Già nell’anno Mille, le torri della fortezza erano pronte per sfidare chiunque avesse la malsana idea di conquistare il territorio romagnolo. Furono i Malatesta i primi veri padroni del castello, acquistandolo nel 1186 e provvedendo a fortificarlo in maniera adeguata per evitare spiacevoli sorprese da parte dei Montefeltro, in continua lotta con la famiglia Malatesta, nonché, dopo l’acquisto del castello, maledettamente troppo vicini tra di loro. Nel 1393, per ragioni a noi poco chiare (e in confidenza, anche ai Malatesta) i Montefeltro riuscirono a conquistare l’inattaccabile fortezza. Solo nel 1438, Sigismondo Malatesta, con un infallibile piano militare ed un’efficace strategia, riuscì a ricondurlo sotto il comando della famiglia, che in quel periodo viveva l’apice del proprio dominio. I perenni dissapori con i Montefeltro, aggiunto all’inimicizia che in quel periodo la famiglia Malatesta aveva con il papa Pio II Piccolomini, segnò però il declino dei Malatesta. Solo nel 1463, il castello passò alla famiglia dei conti Guidi di Bagno, che ancora tutt’oggi ne posseggono la proprietà.
Il Castello di Montebello fu uno degli edifici storici più importanti di tutti i possedimenti della famiglia dei Malatesta, ed ancora oggi si possono leggere, in vecchi archivi, tutti gli interventi per le opere di costruzione, le battaglie militari e le specifiche ornamentali che fecero risultare il castello anche una dimora nobiliare della famiglia Malatesta. Malgrado sorga sopra un gigantesco masso, le mura del castello sono perfettamente integre: basta poggiare una mano sopra di esse per rivivere ad occhi aperti momenti di disgrazie, di vittorie e di morte. Il castello però conserva anche storie di tesori e segreti inconfessabili: al suo interno, si trovano mobili di grandissimo valore, passaggi sotterranei misteriosi, pozzi di una profondità spaventosa e l’affascinante mistero di Azzurrina, una bambina di otto anni inghiottita senza una ragione logica dal castello stesso.
Per entrare nella fortezza, bisogna percorrere una rampa fatta unicamente di pietra e che conduce al Girone, ossia al secondo giro di mura, dove sorge il castello. Già in precedenza però, avevamo notato la “Porta d’ingresso”, che un tempo era l’entrata principale del Castello, preceduta da un profondo fossato, che ora però introduce al borgo di Montebello, anche lui rimasto intatto e in stile medioevale come il maniero stesso. La parte originaria del castello era la costruzione che, come abbiamo descritto in precedenza, sorge su di un grande masso di roccia, ma le costruzioni intorno al maniero furono erette in un secondo momento, e più precisamente tra il XI e il XVI, dando così al castello un’aria da palazzo gentilizio.
La torre civica, di origine medievale, padroneggia sull’antico borgo di Montebello, e fu orientata in modo che la campana posta al suo interno fosse udita anche a molti chilometri di distanza. I sentieri attorno alle mura erano un tempo le uniche vie di accesso al castello, comparsi a causa dei continui andirivieni degli abitanti di Montebello.
Il primo edificio che incontriamo è l’Armeria dell’Albana: un’antica pieve romanica che durante gli anni ha assunto svariate funzioni; in principio era l’officina di fabbri e di ferrai, poi si trasformò in un deposito di artiglieria, ed infine, fu trasformata ai giorni nostri, in un’elegante enoteca.
Il secondo edificio in cui ci imbattiamo era consolidato dalla presenza della corte del castello, ed è facilmente distinguibile in due parti: una più vecchia, che ha mantenuto intatte le forme difensive originali, mentre la seconda parte evidenzia come, la funzione residenziale ebbe l’esigenza di rimodernare l’area per renderla più comoda ed abitabile. Proseguendo nella visita, ci imbattiamo nell’ala rinascimentale, costruita sempre dai Malatesta e che custodisce gelosamente pregiati pezzi di arredamento, come quadri d’autore, specchi con ornamenti d’oro, gioielli d’arte italiana, mensole e mobili di lusso.
La luce si fa sempre più fioca non appena arriviamo all’ingresso della Galleria di Azzurrina. Qui, la figlia del feudatario Ugolinuccio Malatesta, Guendalina, chiamata anche con il nome di Azzurrina (più avanti narreremo la sua inquietante vicenda), scomparse misteriosamente mentre inseguiva la sua palla formata da pezze e stracci. Un vento gelido ci percorre il viso. Lei sa che siamo qui per lei.
IL MISTERO DI AZZURRINA
La piccola Guendalina, aveva una caratteristica che la distingueva dagli altri suoi coetanei: il fatto di essere albina era una particolare e rara anomalia considerata da tutti segno di stregoneria e quindi opera del demonio. La madre, mortificata per tutto ciò, rimediò al “difetto” tingendole i capelli di nero. Il risultato non durò poi così a lungo, e una volta che la tinta svanì, lasciò fra i capelli di Guendalina un riflesso azzurro. Da quel momento, le fu affibbiato il soprannome di Azzurrina.
Azzurrina fu vista l’ultima volta dal suo accompagnatore all’interno delle mura del castello mentre giocava con la sua palla, poiché fuori vi era un fortissimo temporale. La sua palla, d’improvviso, finì all’interno di un cunicolo che si trovava alla fine delle scale che portavano ai sotterranei. Nel tentativo di recuperarla, non fece più ritorno. I resti della bambina non furono mai ritrovati, ed era pressoché impossibile che fosse uscita all’esterno del castello da quel cunicolo. Il temporale cessò nel momento in cui ci si rese conto che Azzurrina era misteriosamente scomparsa.
Da quel giorno in poi, sino ai nostri tempi, risate di bambina, grida di bimbi che giocano, dodici rintocchi di campana, il battere veloce di un piccolo cuoricino affaticato vengono più volte uditi e registrati negli anni che finiscono con lo zero o il cinque nel giorno del solstizio. Il 21 giugno 2010, occultisti, studiosi del paranormale e tecnici delle maggiori tv si sono riuniti per registrare ancora una volta questi fenomeni così strani che puntualmente si ripetono ad ogni appuntamento.
Lasciamo il castello con la tristezza nel cuore, pensando a quella bimba che non ha fatto in tempo a diventare donna, e forse, anche egoisticamente, pensiamo che sia anche meglio così. Crescendo, forse avrebbe sofferto le continue ingiurie che già dalla più tenera età, a causa del suo albinismo, la gente scagliava contro di lei.
Percorriamo l’oasi naturalistica come ultima meta del nostro viaggio, che si estende su 1300 ettari, formata da un giardino botanico, una foresta vera e propria, uno stagno ed un’abbondante presenza di animali. Presente anche una discreta vegetazione, ed io, insieme alla mia compagna Claudia, rimaniamo incantati dal profumo e dai colori delle orchidee.
Sento cadere sui miei piedi un oggetto, un qualcosa di sferico, nascosto da un fazzoletto scuro, e il cuore mi sobbalza: che Azzurrina si trovasse qui da qualche parte della foresta e stia cercando qualcuno che la aiuti?
Torno alla realtà quando Claudia, vedendomi impietrito, mi sussurra “Scusa, mi è caduto. Non ti avrà mica spaventato il mio panino salame e crauti, vero?”
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